Ernia del disco
Neurochirurgo ernia del disco
Il ruolo del neurochirurgo nel trattamento della patologia discale si svolge in tutte le fasi del processo clinico, dall’inquadramento diagnostico alla terapia.
In fase diagnostica lo specialista in neurochirurgia deve anzitutto ascoltare con attenzione la storia clinica del paziente, investigando in particolare sul tipo di sintomi avvertiti come ad esempio dolore, disturbi della forza o della sensibilità, sull’epoca di inizio, sulla durata e sui fattori che li possono aggravare o attenuare, come ad esempio il riposo, l’esercizio fisico, alcune posture eccetera.
Un altro fattore fondamentale per la diagnosi e la terapia è la corrispondenza tra la sede dell’ernia e il tipo di disturbi riferiti dal paziente.
Frequentemente, soprattutto in pazienti anziani, la risonanza magnetica mostra alterazioni degenerative discali a più livelli.
Compito del neurochirurgo è mettere a confronto i dati radiologici con quelli clinici per individuare quali delle alterazioni evidenziate possono essere clinicamente rilevanti e quali invece possano considerarsi dei semplici reperti occasionali.
Infine il ruolo del neurochirurgo è fondamentale nel decidere se il paziente può avvalersi di un trattamento conservativo, e di che tipo, o se debba essere candidato al trattamento chirurgico.
Nel caso della patologia degenerativa discale raramente le indicazioni chirurgiche sono tassative e la scelta del tipo di trattamento scaturisce da un patto terapeutico tra il medico che propone e attua il trattamento e il paziente, tenendo conto delle sue condizioni cliniche ma anche delle sua aspettative, preferenze ed aspirazioni.
Per svolgere al meglio questo ruolo il neurochirurgo deve saper padroneggiare, oltre alle tecniche chirurgiche proprie della sua disciplina, anche precise nozioni di clinica, anatomia e fisiologia che spaziano nel campo della neurologia, della fisiatria e della medicina del dolore.
La prevalenza di ernia del disco lombare nell’arco della vita di una persona è stata stimata pari all’1-3% nei paesi occidentali.
L’ernia del disco lombare può̀ essere causa di mal di schiena, un disturbo che colpisce il 90% degli adulti almeno una volta nel corso della vita e che rappresenta un frequente motivo di limitazione funzionale più o meno invalidante al di sotto dei 45 anni di età̀.
Un’indagine ISTAT relativa al 1999 sullo stato di salute in Italia segnala che l’8,2% della popolazione ha riferito di essere stato affetto da lombosciatalgia (7,3% maschi e 9,3% femmine).
L’ernia del disco sintomatica si manifesta più̀ spesso nelle persone dai 30 ai 50 anni. Sono considerati fattori di rischio le occupazioni sedentarie e l’inattività̀ fisica, il sovrappeso, l’alta statura, la guida di veicoli a motore prolungata e costante, le vibrazioni, i lavori a elevato impegno fisico soprattutto se comportano abitualmente il sollevamento manuale di carichi e le gravidanze.
Benché́ l’ernia possa causare dolore alla schiena, dolore radicolare e impotenza funzionale, la degenerazione del disco può̀ verificarsi anche in assenza di sintomi: ernie del disco vengono riscontrate infatti con elevata frequenza in persone asintomatiche. In uno studio condotto su pazienti affetti da ernia discale e volontari sani il 76% dei controlli asintomatici era portatore di un’ernia del disco lombare, anche se la frequenza di forme espulse era significativamente meno elevata rispetto al gruppo sintomatico (13% contro 35%), come pure il riscontro di una compromissione neurologica (22% contro 83%).
La sintomatologia determinata dall’ernia può risolversi spontaneamente o con i trattamenti conservativi: numerosi studi di diagnostica per immagini hanno provato che le ernie del disco lombare, in un’elevata quota di casi, regrediscono del tutto o in larga parte. Il miglioramento è rapido entro i primi tre mesi ed è attribuibile a meccanismi di riassorbimento cellulare mediato da dalle citochine. L’ernia discale è dunque un fenomeno dinamico e costituisce una condizione relativamente comune e a prognosi favorevole nella maggior parte dei casi. Si stima che il 95% dei pazienti con mal di schiena invalidante sia in grado di ritornare al lavoro entro tre mesi dall’insorgenza della sintomatologia senza ricorrere alla chirurgia.
Sono invece rare le ernie del disco che provocano grave compressione delle strutture nervose, che vengono abitualmente considerate come chiare indicazioni all’intervento chirurgico. Queste lesioni regrediscono di frequente spontaneamente o migliorano dal punto vista clinico con i trattamenti conservativi: le probabilità̀ di riassorbimento aumentano infatti con le dimensioni dell’ernia e con l’entità̀ della migrazione dallo spazio discale. Anche i deficit neurologici motori causati da ernia del disco lombare, a eccezione della sindrome della cauda equina e della perdita progressiva della funzione motoria, avrebbero nella maggior parte dei casi una storia naturale favorevole.
Ernia discale
Come si è detto nel paragrafo sulla discopatia degenerativa, i fenomeni degenerativi dei dischi intervertebrali possono andare appunto dalla semplice discopatia degenerativa fino alla protrusione e all’ernia discale vera e propria.
Ernia del disco
Si parla propriamente di ernia del disco quando la parte più esterna del disco intervertebrale, detta annulus, si rompe e il nucleo polposo fuoriesce dalla sua sede anatomica.
Ernia del disco contenuta (o ernia sottolegamentosa), ernia espulsa, ernia migrata
Si parla di ernia discale contenuta o ernia sottolegamentosa quando il materiale discale erniato rimane contenuto dal legamento longitudinale posteriore.
L’ernia sottolegamentosa rappresenta lo stadio iniziale dell’ernia discale, nel quale il rapporto anatomico fra il materiale discale e il disco di origine è ancora mantenuto. L’ernia sottolegamentosa si differenzia dalla protrusione discale dal punto di vista anatomico. Nella protrusione infatti il profilo posteriore del disco sporge posteriormente oltre il margine del corpo vertebrale, ma l’annulus è ancora integro. Nell’ernia sottolegamentosa invece l’annulus è lacerato e il materiale discale fuoriesce nello spazio tra l’annulus stesso e il legamento longitudinale posteriore.
Quando anche tale legamento si rompe e viene oltrepassato parliamo di ernia espulsa.
L’ernia espulsa rappresenta lo stadio più avanzato dell’ernia discale, nel quale il materiale discale perde completamente i rapporti anatomici con il disco di origine e va ad occupare il canale vertebrale, dove si trovano le radici nervose.
Un’ernia espulsa può spostarsi verso l’alto o verso il basso rispetto al disco dal quale è fuoriuscita, in tal caso si parla di ernia migrata.
La distinzione tra ernia sottolegamentosa, ernia espulsa ed ernia migrata, come si è visto, è essenzialmente di tipo anatomico. Le manifestazioni cliniche possono essere simili, così come i tipi di trattamento. La distinzione anatomica tra i vari tipi di ernia è importante soprattutto nel caso in cui si ponga indicazione al trattamento chirurgico, dal momento che l’approccio chirurgico è differente a seconda del tipo di ernia.
Ernia del disco mediana, paramediana, laterale, foraminale, extraforaminale
In base alla posizione sul piano assiale si può parlare di ernia mediana, quando il frammento discale fuoriesce sulla linea mediana, di ernia paramediana o di ernia laterale, destra o sinistra, a seconda che il frammento si trovi in una posizione più o meno laterale.
Un’ernia discale mediana in genere non provoca dolore radicolare, dal momento che le radici nervose fuoriescono lateralmente dal sacco durale. Spesso le ernie mediane più piccole sono asintomatiche, mentre danno segno di sé quando raggiungono dimensioni tali da provocare una significativa stenosi del canale.
Quando il frammento si affaccia nel forame di coniugazione, attraverso il quale transita la radice nervosa, si parla di ernia foraminale. Parliamo di ernia extraforaminale quando il frammento discale fuoriesce in posizione ancora più laterale del forame di coniugazione.
Un’ernia extraforaminale in genere dà una sintomatologia irritativa a carico della radice superiore rispetto al livello discale: ad esempio un’ernia extraforminale L4-L5 darà come sintomo una cruralgia da irritazione della radice L4 nel suo tratto extraforaminale.
La distinzione tra ernia mediana, paramediana, laterale, foraminale ed extraforminale, oltre che ai fini dell’approccio chirurgico, è importante anche dal punto di vista clinico, dal momento che vi deve essere un’esatta corrispondenza tra la sede anatomica dell’ernia e il livello e il lato della radice coinvolta.
Il livello a cui si trova l’ernia è definito dal disco da cui l’ernia stessa origina. In questo modo potremo parlare, ad esempio, di un’ernia discale L4-L5 destra espulsa e migrata in alto, oppure di un’ernia mediana sottolegamentosa L5-S1, di un’ernia extraforaminale L3-L4 destra eccetera.
Ernia del disco sintomi
Le manifestazioni cliniche dell’ernia discale si hanno quando il disco erniato invade il canale vertebrale ed entra in conflitto con le radici nervose in esso contenute. Questo provoca una reazione infiammatoria, in parte dovuta alla compressione meccanica della radice da parte dell’ernia, in parte dalla liberazione di alcune sostanze chimiche pro-infiammatorie da parte del disco danneggiato.
L’infiammazione della radice viene avvertita come un dolore che si irradia lungo l’arto inferiore nel territorio della radice e che, a seconda del territorio interessato, prende il nome di sciatica o di cruralgia. L’ernia del disco può verificarsi anche a livello cervicale. In tal caso il dolore si irradia agli arti superiori e prende il nome di brachialgia.
In alcuni casi le ernie cervicali possono comprimere il midollo spinale, provocando disturbi di forza e di sensibilità agli arti, fino a determinare una vera e propria tetraparesi. A livello dorsale le ernie discali sono rare, data la scarsa mobilità di quel tratto della colonna, ma possono anch’esse determinare compressione midollare con disturbi di forza agli arti inferiori, detta paraparesi.
Quando operare l’ernia del disco
Nei casi in cui vi sia una compressione midollare è quasi sempre indicato il trattamento chirurgico, talora anche con carattere di urgenza. A tal proposito, potete trovare maggiori informazioni sul sito dell’Humanita, dove è stata pubblicata una mia intervista proprio a riguardo dell’argomento “quando operare l’ernia del disco“.
Per ottenere questo obiettivo in genere viene prescritta una terapia con cortisonici o con antiinfiammatori non steroidei, eventualmente associati ad antidolorifici.
Qualora la terapia per via generale non dia i risultati sperati o provochi effetti indesiderati è possibile somministrare i farmaci localmente per mezzo delle infiltrazioni ecoguidate foraminali.
Il trattamento chirurgico viene in genere riservato ai casi in cui sono presenti deficit neurologici o dolore intrattabile. L’intervento consiste nell’asportazione dell’ernia con tecnica microchirurgica, viene abitualmente eseguito in anestesia generale e prevede una degenza in ospedale di 2 o 3 giorni e una successiva convalescenza di circa un mese durante la quale il paziente deve mantenere il riposo.
A livello cervicale l’approccio chirurgico è anteriore, attraverso un’incisione sulla parte laterale del collo e prevede la discectomia, ossia l’asportazione completa del disco intervertebrale, sempre eseguita con tecnica microchirurgica, e la successiva artrodesi, ottenuta posizionando una apposita gabbia in titanio o altro materiale biocompatibile nello spazio discale. Le durate della degenza e della convalescenza sono analoghe all’intervento per ernia lombare. Solitamente durante la convalescenza è suggerito l’uso di un collare.
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