Neuromodulazione del dolore
Neuromodulazione
In condizioni normali il dolore costituisce la risposta fisiologica ad uno stimolo, acuto o persistente, che possa rappresentare una minaccia di un danno attuale o imminente al nostro organismo.
Questo tipo di dolore, detto dolore normale o nocicettivo, fa parte della nostra esperienza quotidiana ed ha un’importanza fondamentale nel preservare la salute e l’integrità fisica del nostro corpo.
Quando lo stimolo doloroso si protrae nel tempo entrano in funzione dei meccanismi, detti di sensibilizzazione, che amplificano il dolore.
A livello dei recettori periferici che si trovano nei tessuti gli stimoli dolorosi ripetuti innescano dei meccanismi di tipo infiammatorio che hanno l’effetto di abbassare la soglia di risposta dei recettori, di provocare delle scariche spontanee e di aumentare la risposta agli stimoli. Questo meccanismo, detto di sensibilizzazione periferica, si manifesta clinicamente come iperalgesia, ovvero aumentata risposta agli stimoli dolorosi, e allodinia, che è una sensazione dolorosa evocata da uno stimolo che in condizioni normali non provoca dolore, come il tatto o lo sfregamento.
La sensibilizzazione periferica è un fenomeno potenzialmente reversibile: al cessare dello stimolo doloroso la reazione infiammatoria gradualmente si riduce, spontaneamente o con l’aiuto dei farmaci, e la risposta dei recettori torna progressivamente normale.
Se invece lo stimolo doloroso si protrae ulteriormente, i meccanismi di sensibilizzazione si possono estendere alle vie nervose ascendenti che conducono il dolore, coinvolgendo i gangli delle radici dorsali, i corni posteriori del midollo spinale e le vie talamo corticali.
Questo processo di sensibilizzazione centrale può portare delle modificazioni irreversibili delle vie centrali di conduzione ed elaborazione del dolore, che hanno come risultato la persistenza cronica del dolore anche quando venga meno lo stimolo nocicettivo che l’aveva inizialmente scatenato.
Questo tipo di dolore patologico, che cessa di essere il sintomo di una malattia o di un danno dell’organismo per diventare esso stesso una malattia, va sotto il nome di dolore neuropatico cronico.
Il trattamento di questo tipo di dolore è assai complesso e si basa su criteri sostanzialmente differenti da quelli utilizzati per trattare il dolore nocicettivo.
Con il nome di neuromodulazione si definiscono le procedure interventistiche che vanno ad interferire, per lo più per mezzo di campi elettromagnetici, con i meccanismi responsabili della genesi, dell’insorgenza e del mantenimento del dolore neuropatico.
Neuromodulazione con radiofrequenza
La radiofrequenza pulsata ha come obiettivo il ganglio della radice dorsale, struttura anatomica fondamentale che mette in comunicazione i nervi periferici con il sistema nervoso centrale. Essa consiste in una corrente con frequenza di 500 KHz applicata solo per due cicli al secondo, di venti millisecondi ciascuno, evitando quindi di raggiungere temperature che possano danneggiare il tessuto nervoso.
L’effetto della radiofrequenza pulsata è quello di esporre il tessuto nervoso ad un campo elettromagnetico pulsante.
Le indicazioni comprendono il dolore radicolare acuto, le radicolopatie croniche sia da patologia degenerativa che da esiti cicatriziali di pregressi interventi chirurgici, il dolore discogenico, la nevralgia posterpetica, il dolore all’articolazione sacro-iliaca e il dolore pelvico profondo.
Trova inoltre indicazione nel trattamento di alcune nevralgie periferiche, come quelle del nervo grande e piccolo occipitale e del sovrascapolare.
A seconda della sede anatomica di applicazione il trattamento con radiofrequenza pulsata può essere eseguito per mezzo di elettrodi ad ago oppure attraverso cateteri epidurali multifunzione, per mezzo dei quali può essere praticata, nella stessa seduta, anche la peridurolisi.
Stimolazione midollare
La stimolazione midollare (in inglese spinal cord stimulation, SCS) ha come obiettivo i cordoni posteriori del midollo spinale, che trasmettono gli impulsi dolorosi dalla periferia al cervello.
L’obiettivo di questa metodica è quello di esporre il midollo spinale ad un campo elettromagnetico che penetri in profondità nei cordoni posteriori, evocando una sensazione di leggero formicolio (parestesia) che vada a “coprire” l’area dove si proietta il dolore.
Il trattamento viene eseguito solitamente per mezzo di uno o più elettrodi che hanno la forma e le dimensioni di un sottile filo, posizionati nello spazio epidurale attraverso un ago apposito.
Abitualmente l’elettrodo viene dapprima collegato ad un generatore esterno per un periodo di prova.
Il trattamento si definisce efficace quando il paziente riferisce una riduzione del dolore di almeno il 50%.
In tal caso si procede all’impianto definitivo del sistema, con il posizionamento di un generatore miniaturizzato sottocute.
Il paziente è dotato di un telecomando che consente di variare l’intensità di stimolazione e, all’occorrenza, di spegnere il generatore.
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